di Angelo De Rosa
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**CHE COS'E' IL RAZZISMO** Il razzismo “scientifico” in voga fino al XIX secolo, è l’idea secondo cui gli esseri umani sarebbero classificabili secondo razze “superiori” e “inferiori” con caratteristiche differenti. Si tratta quindi di un atteggiamento di discriminazione razziale su base pseudo-scientifica. Oggi sappiamo che tale idea è infondata in quanto le razze umane non esistono. Purtroppo, di certo, esistono il razzismo e...i razzisti. Il termine “razzismo” continua ad essere molto diffuso in quanto ha acquistato, col tempo, un’accezione più estesa. Può anche essere usato in riferimento all’idea della superiorità del proprio gruppo sociale rispetto ad altri con determinate caratteristiche distintive (ad esempio, si parla di razzismo nei confronti degli omosessuali, di persone di fede differenti dalla propria etc.). Secondo l’antropologo Ashley Montagu, il razzismo sarebbe una malattia psichicamente contagiosa che infetta le menti predisposte. Anche il noto fisico Albert Einstein paragonava il razzismo ad una gran brutta malattia; “molto strana in quanto colpisce i bianchi, ma fa fuori i neri”, diceva. Gl’italiani hanno pienamente dimostrato di non essere immuni a tale contagio. Nel bel paese si sono sempre trovate, in abbondanza e con estrema facilità, “menti ben predisposte” . Il virus dell’intolleranza continua a diffondersi e sembra che non esistano antidoti efficaci. La leggenda degli “italiani brava gente”, accoglienti e tolleranti, si schianta ripetutamente contro i comportamenti palesemente razzisti che si verificano quotidianamente nella penisola. Bisogna ammettere che qualche passo avanti ci siamo sforzati di compierlo. Le vergognose Leggi Razziali vigenti durante la dittatura fascista sono state abolite e non si pubblicano più le ripugnanti riviste che inneggiavano alla “Difesa della Razza”; riviste diffuse sempre nel "buio" periodo del fascismo. Nonostante tutto, agl’italiani non è mai piaciuto essere definiti razzisti; lo prova il fatto che l’incipit più usato dai razzisti italiani è : “io non sono razzista, ma...” seguito, di solito, da odiose affermazioni che farebbero arrossire persino il Gran Wizard del Klu Klux Klan. **I MIGRANTI E LA LEGA NORD** Da pochi decenni, l’Italia è divenuta meta di disperati migranti, provenienti soprattutto dal Nord Africa e dall’Europa dell’Est, che tentano di fuggire dalla miseria o, spesso, dalla guerra. I numerosi Governi italiani che si sono succeduti negli ultimi anni, anziché impegnarsi nella ricerca di soluzioni atte ad agevolarne l’integrazione, hanno preferito dedicarsi alla più comoda, ed evidentemente meno impopolare, attività di edificazione di nuovi ghetti. Molti politici italiani, al fine di ottenere maggior consenso, hanno appreso che è molto conveniente far leva sul timore del pericolo di imminenti invasioni di orde di nuovi barbari che minaccerebbero il suolo italico. Il partito politico che più si serve, e più ha giovuto, dello “spauracchio” dell’invasione è la Lega Nord, partito fondato da Umberto Bossi, un perito elettronico, aspirante cantante Rock, finito numerose volte sotto processo (e anche condannato in via definitiva) che ha dovuto dimettersi nel 2012, a seguito dello scandalo della distrazione di fondi del partito a favore della sua famiglia. Probabilmente, avremmo avuto un rockettaro in più e molti guai in meno, in Italia, se questo tizio avesse posseduto maggiore talento per la musica... Inizialmente le discriminazioni della Lega Nord erano rivolte soprattutto al Sud Italia. L’aspirazione principale delle “camice verdi” era la secessione e la nascita dello Stato Padano, separato dal Sud. Recentemente, il partito stava per scomparire, affondato negli scandali dei propri dirigenti che, come accennato sopra, per anni avevano rubato soldi pubblici. L’urgente necessità di di racimolare voti ha spinto i “nuovi” leghisti ad attaccare in modo più incisivo i migranti stranieri, chiedendo e trovando il provvidenziale appoggio anche di molti meridionali (evidentemente di corta memoria) infastiditi dagli sbarchi di migliaia di disperati stranieri sulle proprie coste. Un successo per molti inaspettato (molti leghisti se ne stupiscono ancora oggi) se si pensa che fino a pochissimo tempo prima le vittime degli attacchi leghisti erano proprio i meridionali. Per rendere l’idea del livello etico di taluni esponenti della Lega Nord, di seguito riportiamo alcune loro famose frasi. “Per gl’immigrati servono i forni” (Mauro Aicardi); “Per i rom ci vorrebbero i forni” (Massimilla Conti); “Gl’immigrati portano ogni tipo di malattia, TBC, scabbia, epatite” (Giancarlo Gentilini). Potremmo continuare per molte pagine, ma riteniamo sufficienti questi tre esempi. **I LAVORATORI STRANIERI** E’ stato sempre difficile per gl’italiani, soprattutto per la classe politica italiana, riuscire a considerare i lavoratori stranieri come delle persone con dei diritti da garantire. Uno straniero che lavora in Italia è visto come qualcuno da tollerare solo in quanto anello della catena produttiva e in qualche modo utile. Un esempio a conferma di tale cinica e diffusa concezione è la tristemente famosa legge Bossi-Fini che regola le politiche migratorie e occupazionali per gli stranieri. La legge è stata criticata pesantemente da associazioni come Amnesty International in quanto conterrebbe alcune clausole che violano i diritti umani. Nel Parlamento Italiano non si è mai realmente iniziato il dibattito sulla ratifica della Convenzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1990 sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti. Il documento sta presumibilmente ingiallendo dimenticato in qualche archivio sotterraneo di qualche palazzo romano. Senza alcun dubbio possiamo affermare che l’Associazione della tutela del Lardo di Colonnata ha ottenuto, in Italia, maggiori e concreti successi rispetto alle Associazioni che tutelano i diritti dei lavoratori stranieri. **LA CHIESA** Dobbiamo aggiungere che, fortunatamente, in Italia sono presenti molte Associazioni Cattoliche che s’impegnano ad aiutare anche gli stranieri bisognosi. Purtroppo, la Chiesa non ha mai preso nettamente le distanze da individui o gruppi politici che veicolano e incitano atteggiamenti discriminatori, odio e intolleranza nei confronti degli stranieri . Qualche tempo fa, un noto esponente del Vaticano, Monsignor Rino Fisichella, non si è affatto vergognato di dichiarare che la Chiesa Cattolica condivide pienamente il pensiero etico del partito della Lega Nord. LA RAZZA MALEDETTA In Italia non esiste solo l’avversione nei confronti degli stranieri, ma sono presenti altre varianti. Una di queste varianti è quella “interna”di cui si è accennato sopra, nei confronti dei meridionali, la cosidetta “razza maledetta che che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d'Italia “ e che “ dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco, dannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa, dell'Australia, ecc.». Lo scriveva, non un esaltato razzista emulo del Ku Klux Klan, bensi’ il presidente della Società Italiana di Antropologia e della Società Italiana di Criminologia, Alfredo Niceforo, e non nel Medioevo. Il sopracitato partito della Lega Nord, che oggi non ha problemi a chiedere voti ai meridionali in nome dell’urgente missione di ripulire il “sacro suol” dallo straniero, aveva iniziato la sua attività politica proprio all’insegna dell’affermazione di una presunta superiorità (non si capiva se solo economica o anche di altra natura) degli italiani nati al Nord rispetto a quelli più sfortunati nati al Sud. La secessione infetti è stato per anni il cavallo di battaglia di molti personaggi iscritti a tale partito. **LA TRISTE VERITA’** E' purtroppo evidente che il razzismo è ben radicato in Italia e che negli ultimi anni non ha avuto molti ostacoli nella sua gloriosa avanzata. La strada verso una società che si possa finalmente chiamare "civile", realmente multietnica, votata all'armonica convivenza dei suoi membri e all’integrazione delle differenti culture, sembra ancora molto lunga e tortuosa. Non si tratta di un razzismo di tipo “ideologico”, ma di un sentimento dettato soprattutto dall’ignoranza e dalla paura. La paura atavica dello sconosciuto, del diverso; il primitivo timore di essere depredato di qualcosa a cui si tiene: lo spazio vitale, il lavoro, le persone care. Tutti timori infondati ,ovviamente, ma presenti in nuce nel fondo delle coscienze di molti, soprattutto di coloro che non posseggono gli strumenti per adattarsi agli inevitabili mutamenti sociali, né la sicurezza e la forza sufficienti per affrontare i cambiamenti necessari che la vita ci impone. Chi è tanto cinico da impegnarsi a portare a galla tali rozzi e dannosi istinti è certo di trarne vantaggi, soprattutto vantaggi politici, come abbiamo scritto. Si tratta però di operazioni molto rischiose. L'odio e la violenza, se scatenate, risultano distruttivi e spesso incontrollabili. Recentemente personaggi come il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, hanno imparato molto bene il modo di ottenere consensi aizzando all'odio nei confronti di Rom e migranti. Egli utilizza un linguaggio molto semplice, ma particolarmente efficace. Le sue invettive fanno parte di repertori collaudati. Gli stranieri e i Rom ci rubano il lavoro, lo spazio, si impossessano delle nostre cose, spacciano droghe etc. Molte menti "ben predisposte" hanno già contratto il virus. E' comodo dare la colpa dei nostri mali a chi non fa parte del nostro gruppo. E' una tecnica collaudata da millenni. Salvini non è per niente originale. Se non si riuscirà a fermare o contenere la diffusione di un sentimento tanto deleterio, noi o i nostri posteri, fra non molto tempo, saremo inevitabilemnte trascinati in un vortice da cui sarà difficile uscire; un vortice di violenza e dolore. La storia insegna, ma la nostra memoria sembra debole. #
by LIBERTUS66
| 2015-07-15 04:21
1)PIAZZALE LORETO, Milano, 29 aprile 1945. Nello stesso luogo in cui, pochi mesi prima, giacevano i corpi di quindici partigiani trucidati dalle milizie fasciste, una folla inferocita ingiuriava, a calci e sputi, dei cadaveri . Affinché tutti potessero vederli bene, alcuni di essi vennero appesi a un alto traliccio, a testa in giù. Tra questi, il corpo martoriato di Benito Mussolini. Il ventennio Fascista, durante il quale si era promossa la violenza come legittimo strumento nelle contese tra gli uomini, ebbe il suo consono epilogo. 2)BENITO AMILCARE ANDREA MUSSOLINI, noto semplicemente come “ il duce ”, era nato nel 1883 a Predappio, un paesino in Romagna. Per tutta la vita fu ossessionato dal fascino del comando e da quello delle donne le quali, secondo la sua virile opinione, “devono obbedire, badare alla casa, mettere al mondo figli e portare le corna”. Da ragazzo era prepotente e violento, sempre pronto a venire alle mani. “Di indole appassionata e riottosa” lo definiva il direttore del colleggio che frequentò. Scarsamente creativo e originale, più abile nel distruggere che nel produrre di nuovo, secondo uno dei suoi biografi Dopo risse, accoltellamenti ed espulsioni, nel 1901 riuscì a conseguire il diploma di maestro elementare, professione che esercitò svogliatamente solo per qualche mese come supplente, per poi dedicarsi all’attività di giornalista e di agitatore politico. Si definiva un socialista rivoluzionario. Dal 1910 diresse dei giornali di ispirazione socialista Nel 1914, dopo lo scoppio della Grande Guerra, grazie a cospiqui finanziamenti di alcuni gruppi industriali, fondò il quotidiano Il Popolo d'Italia, dalle cui pagine appoggiò fortemente la partecipazione dell’Italia al conflitto, contro la linea del proprio partito che per questo lo espulse. Nel maggio del 1915 l’Italia entrò in guerra; a settembre dello stesso anno, Mussolini partì per il fronte. A causa di una ferita riportata durante un’esercitazione, rimase quasi sempre nelle retrovie. Alla fine del conflitto, nel 1918, ritornò alla direzione del suo giornale (divenuto “quotidiano dei combattenti e dei produttori”) che continuava ad avvalersi degli aiuti economici, sempre più consistenti, da settori abbienti della società per cui la guerra era stata fonti d’ingenti guadagni 3) L’ITALIA DEL PRIMO DOPOGUERRA era schiacciata da una grave crisi sociale, politica ed economica. Il logorante conflitto mondiale aveva causato un enorme aumento della miseria ed esasperato il sentimento nazionalistico. Nel paese regnava uno scontento generale; tutti avevano qualcosa da rivendicare. I contadini chiedevano terre da coltivare, gli operai aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, i reduci della guerra pretendevano pensioni adeguate e la risoluzione della questione delle terre irredenti. il Governi che si susseguirono in quegli anni (nota) furono incapaci di far fronte alla grave situazione; Le manifestazioni di protesta aumentavano di giorno in giorno. Il fantasma di una rivoluzione comunista, del tipo di quella scoppiata in Russia (nota) , preoccupava tanto la classe politica liberale, allora dominante, quanto gl’industriali e i grandi proprietari, i quali cominciarono a temere di dover rinunciare a privilegi e beni.Sembrava che solo un miracolo avrebbe potuto evitare una rivoluzione proletaria, e il miracolo avvenne. Mussolini, dimenticate le idee socialiste, in nome di un non ben definito ritorno all’ordine, accettò volentieri gli aiuti economici offerti dal grande capitale per fermare, con metodi violenti, le proteste dei lavoratori. Il futuro duce usò abilmente, in modo propagandistico, la questione delle terre irredenti e lo spauracchio di un’imminente e devastante rivoluzione bolscevica. Molti reduci impugnarono manganelli e moschetti e lo seguirono. 4) I FASCI DI COMBATTIMENTO furono fondati da Benito Mussolini, insieme a poco più di cento persone, in un locale di Piazza San Sepolcro a Milano. Era il 23 marzo del 1919 , la data che segna ufficialmente la nascita del fascismo. Obiettivi primari del movimento dei “sansepolcristi” erano le rivendicazioni irredentiste e la ferma contrapposizione al bolscevismo. I capitalisti italiani poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo e continuare a sostenere il loro “salvatore”. Il Governo e la Casa Reale assistevano immobili alle violenze degli squadristi, rivelando impotenza e probabilmente complicità . Il movimento dei fasci di combattimento divenne un partito politico che si presentò alle elezioni del 1921. Il risultato elettorale si rivelò un clamoroso insuccesso che spinse Mussolini ad affidarsi ad altri metodi per prendere il potere a cui ambiva. 5) LA MARCIA SU ROMA fu la manifestazione di carattere eversivo che Mussolini promosse allo scopo di conquistare il potere politico che non era riuscito ad ottenere attraverso libere e legali elezioni. Alcune migliaia di “manganellatori” fascisti si diedero appuntamento nella capitale dove sfilarono minacciosi per le strade principali. Non vi fu praticamente nessuna opposizione. Non furono necessari atti di violenza. Il Re Vittorio Emanuele III, evidentemente più intimorito dalle bandiere rosse che dalle camice nere, affidò, senza indugi, al capo dei fascisti, l’incarico di formare un nuovo Governo. Era il 28 ottobre 1922, l’Anno Primo dell’Era Fascista. Da quel giorno, le libertà degl’italiani sarebbero cominciate ad assottigliarsi fino a svanire quasi del tutto. 6) IL PROGRAMMA POLITICO ai fascisti non fu mai necessario. “Il nostro programma è semplice: noi vogliamo governare l’Italia” diceva il duce. Riguardo a come l’avrebbero fatto non era dato saperlo in anticipo, ma non era difficile intuirlo. Per i fascisti, gli unici punti fermi erano l’avversione nei confronti del sistema democratico, dell’individualismo e del liberismo. In un’altra circostanza Mussolini dichiarò: “il nostro programma è l’azione ! ” vantandosi che i fascisti potevano permettersi il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente. Il duce diede continuamente prova delle proprie straordinarie capacità camaleontiche. Fu, tra l’altro, socialista , ma anche oppressore dei lavoratori; anticapitalista, ma anche finanziato dai capitalisti; ateo anticlericale, ma anche benedetto dal Papa; difensore del nucleo familiare, ma anche padre di numerosi figli illegittimi; antimonarchico, ma anche fedele alleato del Re; pacifista antimilitarista, ma anche principale trascinatore dell’Italia nelle due guerre mondiali del xx secolo. critico del razzismo nazista, ma anche autore delle leggi razziali antisemite. Tale singolare “flessibilità” era in funzione di un unico imperativo: il mantenimento e l’accrescimento del proprio potere. Il partito di massa era unito soprattutto dal culto del capo carismatico piuttosto che da un programma politico. “Mussolini non sbaglia mai ! ” amavano ripetere i fascisti. Il fascismo era una religione che aveva trovato il suo Dio. La ragione e l’intelligenza aveva lasciato il posto agli istinti primordiali. 7) LA ROMA IMPERIALE era il modello al quale i fascisti si ispiravano; La terminologia e la simbologia legate al fascismo erano la parodia di quelle appartenute agli antichi romani. Non possedendo un passato, le camice nere si sforzarono di emulare quello più glorioso che l’Italia avesse mai avuto. Mussolini, che amava farsi chiamare duce proprio come i grandi condottieri dell’antichità, sognava di far rivivere all’Italia i fasti dell’antico impero. I ritratti e i busti in bronzo o marmo che raffiguravano il duce in fiere pose, erano collocati in ogni angolo d’Italia, proprio come le effigi degli imperatori a cui desiderava paragonarsi. Negli uffici pubblici, nelle aule scolastiche come nelle piazze e per le strade, gli occhi del duce sembravano sorvegliare gl’italiani in ogni momento.Il ritorno al passato a cui si anelava, in un certo senso, si realizzò. Durante la dittatura fascista si negarono le libertà fondamentali ai cittadini; si emanarono delle crudeli leggi razziali ; un sistema poliziesco terroristico eliminò, spesso fisicamente, gli oppositori del regime; si invasero paesi, sterminandone gli abitanti con sistemi crudeli, come i gas asfissianti : si ripristinarono le pratiche dell’esilio, della tortura e della pena di morte. Per un ventennio, l’Italia e gl’italiani regredirono effettivamente nel tempo, ma in un’epoca paragonabile all’oscurantismo del Medio Evo piuttosto che alla gloria dell’Impero Romano. 8) GIACOMO MATTEOTTI, il deputato socialista che aveva ben compreso il vero volto del fascismo, tentò invano di opporsi ai soprusi di chi stava trascinando gl’italiani verso un devastante regresso sociale. Durante le elezioni “farsa” del 6 aprile 1924 che diedero al fascismo la maggioranza parlamentare, squadristi armati avevano intimidito e minacciato gli elettori ai seggi, condizionando il risultato elettorale. Matteotti, dai banchi della camera, ne denunciò coraggiosamente le irregolarità. Il parlamentare, durante il suo discorso continuamente interrotto dai deputati fascisti, urlò in faccia al duce: “Voi volete cacciarci indietro!”. Era il 30 maggio 1924. Dopo quelle dichiarazioni il deputato scomparve misteriosamente. Alcuni parlamentari dell’opposizione per protesta abbandonarono sdegnati i propri banchi. Il Re, che avrebbe potuto destituire Mussolini, non se la sentì di interrompere l’idillio appena iniziato con le camice nere e riconfermò la fiducia al loro capo che, da quel momento, si sarebbe impossessato, abusandone, di tutti i poteri. Il cadavere di Giacomo Matteotti fu ritrovato dopo qualche settimana abbandonato in una campagna romana. Il duce, in un discorso tenuto il 3 gennaio 1925, forte anche dell’appoggio dimostratogli della Casa Reale, si assunse spavaldamente la responsabilità di quel barbaro delitto, preannunciando la svolta autoritaria che avrebbe trasformato l’Italia democratica nella dittatura fascista. L’opposizione al fascismo, in qualsiasi sua forma, non sarebbe più stata tollerata. Divennero illegali tutti i partiti e i movimenti politici, escluso ovviamente l’unico grande e omnicomprensivo Partito Nazionale Fascista, organizzato in maniera gerarchica e a cui tutti gl’italiani avrebbero dovuto aderire. #
by LIBERTUS66
| 2015-02-26 19:03
9) IL CONSENSO di vaste proporzioni di cui godette il fascismo non fu il prodotto della sola coercizione. Migliaia di uomini e donne decisero, autonomamente, di rinunciare alla propria libertà, accettando di vivere soggiogati alla volontà di un solo uomo. 9.a ) L’EDUCAZIONE E LA PROPAGANDA svolsero, senza dubbio, un ruolo importante per incrementare e mantenere il consenso della popolazione.Mussolini e i fascisti compresero che sarebbe stato necessario educare e condizionare gl’italiani, non solo terrorizzarli e opprimerli . L’Italia di quegli anni, caratterizzata da ignoranza e analfabetismo, si dimostrò il terreno ideale per sottomettere e “ammaestrare” con successo le masse. Le camice nere s’impegnarono ad ottenere il completo controllo dei mezzi di comunicazione di massa e del sistema educativo. Stampa, radio e cinema si trasformarono in megafoni del regime. Le scuole divennero fabbriche del consenso incondizionato e del culto del Duce. In classe, i bambini potevano essere modellati in modo scientifico; gli adulti erano ovunque martellati da slogan e messaggi propagandistici. Anche durante il tempo libero, scansito e organizzato dal regime, nessuno poteva estromettersi al condizionamento programmato. Tutti, dalla piu’ tenera età fino alla morte, erano inquadrati in prestabilite categorie e gruppi organizzati sempre in modo gerarchico. L’Italia era divenuta un’immensa caserma nella quale era pressoché impossibile riuscire a sottrarsi al rigoroso sistema d’indottrinamento e controllo che il fascismo aveva scrupolosamente predisposto. 9.b ) PANEM ET CIRCENSES è notoriamente la ricetta per “tenere buono” il popolo; due dei più efficaci strumenti per il controllo sociale usati da ogni totalitarismo. “Pane e spettacoli” furono concessi alla plebe dagli imperatori romani; “assistenzialismo e divertimento” sono offerti al popolo dai moderni dittatori. Anche il fascismo si servì abilmente di tali espedienti, riuscendo a illudere gl’italiani che fossero amorevolmente assistiti e protetti dall’onnipotente e infallibile duce. 9.c ) L’ASSISTENZIALISMO. Uno degli esempi che possono ben spiegare di quale tipo fossero gli aiuti offerti alla popolazione dal fascismo è l’assistenza alla maternità. Alle madri di famiglie numerose veniva concessa la medaglia d'onore e un attestato. Per ogni figlio nato, si elargiva alla famiglia 5 lire e un'agevolazione a 15 lire se veniva chiamato con nomi patriottici come Benito o Vittorio Emanuele. In realtà, tali premi miravano ad uno scopo ben preciso, lontano dalla volontà di elargire concreti aiuti alle famiglie bisognose. Il duce pensava al futuro, a un’Italia con un esercito numeroso e invincibile. “ Un popolo ascende in quanto numeroso" amava ripetere. Per favorire i matrimoni e quindi le nascite si colpirono i celibi con una tassa speciale. L’Italia in miseria di quegli anni, si riempì di piccoli Benito pieni di fratellini Umberto, per i quali, però, quelle poche lire non avrebbero assicurato certamente un’infanzia dignitosa. Le famiglie indigenti, di solito si trasformavano in famiglie numerose...indigenti. 9.d) ATTIVITA’ RICREATIVE Per quanto concerne il divertimento, già dal 1925 il regime fascista avviò il programma di “nazionalizzazione” del tempo libero. I giorni e le ore da dedicare alle attività ricreative erano dettagliatamente stabiliti. Oltre alla domenica, anche il sabato, dopo le 13 (il cosiddetto “sabato fascista”) era dedicato alle attività ricreative. Solo una domenica al mese poteva essere liberamente gestita dagli italiani irregimentati. Erano previsti svaghi di ogni tipo a seconda dell’età e del sesso. Tutti ebbero, in un certo senso, l’obbligo di divertirsi. Si dava particolare importanza alle attività fisiche; il regime aveva bisogno di cittadini-soldato forti e atletici. 9.e ) I FATTORI PSICOLOGICI, oltre a quelli politici, sociali ed economici, possono spiegare le ragioni della sottomissione di milioni di individui al regime fascista. Il puro condizionamento risulterebbe insufficiente per modellare le masse. Una certa predisposizione mentale sembra essere necessaria. La particolare indole degli italiani sarebbe stata, secondo alcuni prestigiosi pensatori, una delle condizioni che favorirono il successo del fascismo. Il giornalista Indro Montanelli affermava che gl’italiani desiderano avere una guida, un condottiero, qualcuno che li comandi e a cui delegare il fardello di decidere, salvo levarselo di mezzo se le cose vanno male. Secondo Caro Rosselli, filosofo ucciso da un commando fascista, il regime aveva fatto emergere i vizi congeniti degli italiani, portati al conformismo più che alla spregiudicatezza del pensiero. Anche il giornalista, politico e antifascista Piero Gobetti considerava il successo del fascismo come il frutto della tendenza all'autoritarismo, tipica della cultura italiana, poco avvezza al confronto delle idee e predisposta alla disciplina dello Stato forte. Lo psicoanalista Wilhelm Reich, riteneva che la mentalità fascista fosse la mentalità dell’uomo della strada, mediocre, soggiogato, smanioso di sottomettersi a un’autorità. Mussolini stesso affermò di non aver creato il fascismo, ma di averlo tratto dall’inconscio degli italiani; se non fosse stato così, non lo avrebbero seguito per vent’anni. Il suo potere di comando coincideva perfettamente con la volontà di ubbidienza del popolo italiano. Teorie generali sul consenso ai regimi toitalitari Esistono delle teorie che spiegherebbero il consenso a tutti i fascismi(nota), non solo a quello italiano, in quanto si fondano sul desiderio di soddisfazione di innati istinti umani. Una fra le teorie più note è quella formulata dallo psicoanalista Eric Fromm secondo cui, l’individuo dei tempi moderni, ridotto a sentirsi impotente e insignificante, rinuncerebbe alla propria indipendenza confondendosi con qualcosa al di fuori di se stesso, qualcosa di forte ed eterno di cui spera di condividere la potenza e la gloria. Presupposto necessario per divenire parte integrante di tale entità è la totale e incondizionata sottomissione ad essa. In opere più recenti, Fromm scrive che gli uomini aderiscono a un regime totalitario per soddisfare sia la brama di sottomissione, alimentata da sentimenti di inferiorità, che la brama di un potere assoluto e illimitato sugli altri. Due impulsi all’apparenza contrastanti, ma che si riscontrerebbero regolarmente insieme. Alla luce delle riflessioni di Fromm divengono comprensibili alcune affermazioni del sopracitato giornalista Indro Montanelli secondo cui Mussolini avrebbe capito una cosa fondamentale, ovvero che che per piacere agli italiani bisognava dare a ciascuno di essi una piccola fetta di potere col diritto di abusarne. Il fascismo aveva creato una gerarchia talmente articolata e complessa che ognuno aveva dei galloni. Tutti avevano una po’ di potere di cui, naturalmente, ognuno abusava, come è nel carattere degli italiani. 10) LA SECONDA GUERRA MONDIALE rappresentò l’ultimo tragico atto del disastro fascista. Nel 1939, il capo del nazismo tedesco Adolf Hitler si preparava a far conoscere al mondo di quali orrendi crimini fossero capaci gli esseri umani. Mussolini, che fino ad allora aveva sempre abilmente intuito le mosse giuste per accrescere il proprio potere, decise di legare il destino dell’Italia alla follia nazista, convinto della vittoria finale del suo “ex allievo” ed amico. “Ho bisogno solo di alcune migliaia di morti per sedere al tavolo della pace come belligerante" si giustificò con chi aveva tentato di dissuaderlo dall’ordinare agl’italiani, fra l’altro impreparati e male attrezzati, di partire per il fronte. Le migliaia di italiani morti di cui il duce aveva bisogno non mancarono ( per l’esattezza, il tributo al duce, ammontò a 443.000 caduti, fra cui moltissimi civili), ma alla fine del conflitto nessun fascista sedette al tavolo della pace. Nella seconda guerra mondiale persero la vita, in totale, 71.087.910 persone. All’inizio della guerra, il duce disse, riferendosi al capo del nazismo: “Secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico, si marcia con lui fino in fondo”, e, infatti, col suo “amico” riuscirono infine a toccare il fondo . Adolf Hitler si suicidò insieme alla sua amante Eva Brown, ai suoi fedeli cani Blondi e Wulf e al suo fedelissimo ministro della propaganda Goebbles il quale offrì il privilegio di seguire il fhurer all’altro mondo anche alla sua amata consorte e alle sue sei figliolette. Mussolini, dimenticati tutti gli storici motti che innegiavano all’eroismo e allo spirito di sacrificio, tento vigliaccamente di fuggire travestito da soldato tedesco, ma fu catturato e fucilato dai partigiani. 11) IL FASCISMO OGGI Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la ricostituzione del Partito Fascista fu dichiarata illegale, ciò tuttavia non impedì ai nostalgici di fondare movimenti e partiti politici di ispirazione fascista. I partiti figli del fascismo, come il “Movimento Sociale Italiano” poi divenuto “Alleanza Nazionale”, godettero di una certa legittimazione soprattutto dal 1994, grazie all’alleanza con il leader del centro destra Silvio Berlusconi e alla perdita di credibilità di quasi tutti gli altri partiti politici italiani. Da quell’anno, il fascismo sembra essere tornato di moda, soprattutto fra le nuove generazioni. Si tratta comunque di un fenomeno contenuto. Evidentemente, il carattere parodistico e anacronistico di tale “moda” ne impedisce una vasta diffusione. Molti giovani che “fieramente” si autodefiniscono fascisti, presumibilmente, del fascismo storico, posseggono solo una vaga e distorta idea. 12) LE NUOVE FORME DEL FASCISMO, più che la riproposizione del fascismo tradizionale, preoccupavano il lungimirante Pier Paolo Pasolini già negli anni settanta. Secondo lo scrittore, saremmo oggi sottomessi a una forma di fascismo che non è più il fascismo di Mussolini e che, rispetto ad esso, sembra molto più efficace nell’azione di condizionamento. Nessun centralismo fascista era riuscito infatti a realizzare ciò che stava realizzando con successo il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo del ventennio proponeva un modello che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l'adesione ai modelli imposti dal Centro è incondizionata. Al nostro “regime democratico” riesce perfettamnete quell’omologazione culturale che era lo scopo sociale del regime fascista. I modelli culturali tradizionali sono rinnegati, sostituiti da un unico modello che è a noi imposto e per tutti pressoché uguale. Staremmo insomma obbedendo apaticamente a degli ordini che ci impongono radicali cambiamenti e ci dettano nuovi modelli culturali, senza nemmeno che ci sia noto chi impartisca tali ordini, come invece era chiaramente noto a tutti coloro sottomessi al regime fascista. #
by LIBERTUS66
| 2015-02-26 18:49
Lo Studiolo (con la collaborazione di Fujioka Masako e Masaki Monma) Per contribuire alla decennale battaglia dello “HAKAMADA SUKUKAI” “Associazione per la Salvezza del Prigioniero Innocente, l’Ex pugile Iwao Hakamada” . Rappresentante: Masaki Momma Indirizzo: 1-50-1-4-401, Kumegawa-cho, Higashimurayama-shi, Tokyo 189-0003 Japan Fax: 042-394-4127 sito web: http://www.yayoigallery.com/ e-mail: hakamada_sukukai@h2.dion.ne.jp Contenuti Biografia di Iwao Hakamada Testimonianze Lettera di Hakamada Iwao al figlio (2 febbraio 1983) Condannato senza prove, dimenticato nel braccio della morte...A. De Rosa Appello del Cardinale Seici Scirayanagi e dell’avvocato Haruo Abe La storia del caso Il massacro nella notte L’alibi Forzata confessione Sentenza ambigua Dettagli sul trincetto indicato come l’arma del delitto I punti cruciali per la revisione del processo di Hakamada Appendice I cinque indumenti macchiati di sangue Durata degl’interrogatori sottoposti da Polizia e Procura Biografia di Iwao Hakamada 1936. Nasce in Yu-To quartiere nella provincia di Shizuoka. Prima, .come pugile dilettante ottiene 8 vittorie (7per KO) su 15 incontri. 1957. Partecipa a un inconto per pesi gallo alla Riunione Nazionale d’Atletica in Shizuoka, riportando un gran successo. 1959. Si trasferisce a Tokyo per entrare nel “Fuji Boxing Club”. 1960. Combatte 19 incontri in un anno, registrando ben 13 vittorie ( 4 perse, 1 pari ). Lavora come Sparring-Partner con un pugile di 10 kg superiore. 1961. Marzo. Dopo nove mesi diventa professionista. Combatte al Korakuen Hall, ( in un incontro non ufficiale) con il Campione Giapponese della sua categoria. Perde ai punti. Aprile. Si reca a Manila per l’incontro con Marsing David, il campione filippino dei pesi gallo. Maggio. A Sapporo, combatte 4 incontri. Dopo essersi ferito agli occhi e alle gambe, decide di rinunciare alla professione di pugile. ( si classifica come settimo pugile nella graduatoria dei pesi gallo in Giappone). Ritorna in Shizuoka per preparare il futuro pensando di rientrare nella Boxe. Ottiene un impiego nella fabbrica ”Kagome Miso” a Yokosuna, nella citta` di Simizu. Testimonianze Per la revisione del processo al Signor Iwao Hakamada, condannato a morte che sopravvive nel braccio della morte da oltre 40 anni in Giappone. Aiutiamolo! ”Mio caro figlio, cresci onesto e coraggioso, con le mani pulite. Se ti sforzerai di essere onesto, potrai riconoscere questa società severa e fredda come un modello negativo da non seguire. Il tuo papà ritornerà da te presto e ti potrà dimostrare che non ha mai ucciso nessuno. Chi lo sa più di tutti è la polizia. Chi si sente in colpa sono i giudici. Ti prometto che riuscirò a spezzare queste catene e tornare presto a casa, a ristringerti fra le braccia”. Lettera di Hakamada al figlio. 2 febbraio 1983 Condannato senza prove, dimenticato nel braccio della morte Circa quarant’anni dopo questa lettera, il Signor Hakamada è ancora vivo, ma la sua non può chiamarsi “vita”. Non è mai uscito dalla cella in cui da migliaia di giorni è costretto ad attendere un secondino che gli comunichi a che ora dovrà essere impiccato. Non ha piu` rivisto suo figlio, ne` altre persone che non fossero altri condannati a morte o guardie. Crudele attesa forzata che, aggiunta all’ingiustizia della sua condanna inflitta dopo una confessione estorta con la violenza e senza praticamente prove, diviene una tortura che solo una società piu` crudele del piu` crudele assassino può permettere:la società in cui è ammessa la pena di morte. Sara` sufficiente la testimonianza dell’ex giudice Kumamoto Norimichi, il quale, ha finalmente ammesso che quel giorno di tanti anni fa fu costretto a firmare la condanna a morte per aver ricevuto delle “pressioni”, pur avendo dubbi sulla colpevolezza dell’imputato? Angelo De Rosa (Lo Studiolo, 2007) “Paolo” Iwao Hakamada deve ottenere la revisione del processo ! Il Signor Iwao Hakamada è stato processato per furto, incendio ed omicidio volontario avvenuto il 30 giugno 1966. Nel 1968 è stato condannato dal Tribunale Distrettuale di Shizuoka. Tutti i suoi appelli a questa Sentenza sono stati rifiutati, anzi, nel 1980 è stato condannato a morte dalla Corte Suprema di Giustizia. Tuttavia il Signor Hakamada continua a dichiararsi innocente. Continua a sperare nella riapertura del processo e a pregare Dio, il quale sa che egli è innocente. Ha ricevuto il battesimo al Natale del 1984, unendosi alla Chiesa Cattolica. Il Signor Hakamada non dice il falso di fronte a Dio e agli uomini. Egli è realmente innocente! È stato torturato per estorcergli una falsa confessione. Non solo, è stato anche condannato a morte sulla base di prove infondate. Spero vivamente che questo povero innocente sia salvato da una crudele ed ingiusta morte. Cardinale Seiici Scirayanaghi Non esitiamo a correggere gli sbagli ! Il miserevole costume della Giustizia e Procura giapponese di infliggere la Pena di Morte ad un cittadino innocente secondo prove infondate e di ostinarsi a difendere il verdetto originario anche quando questo è palesamente in contraddizione con la realtà, riceverà una severa critica dalla storia. Non dobbiamo esitare a correggere uno sbaglio !” Il fu Haruo Abe, Avvocato che lottò per Hakamada dal 1991 al 1999, anno della sua morte. Il Caso Hakamada. La storia Il massacro nella notte Sono stati ritrovati quattro cadaveri. Quattro corpi anneriti. Carbonizzati. Qualcuno aveva dato fuoco a quel luogo spargendo del combustibile. L’incendio in quella casa era cominciato verso le due di mattina del 30 giugno 1966. La città dell’incidente si chiama Shimizu. Si trova nella provincia di Shizuoka, in Giappone. Una delle vittime, il signor Hashimoto aveva 41 anni. Era il direttore della Compagnia “Kogane Miso”. Usava la casa anche come ufficio. Insieme a lui fu uccisa sua mogle di 38 anni, il loro primo figlio di 14 anni e la loro seconda figlia di 17. La sorella maggiore è l’unica superstite del massacro. Dormiva fortunatamente in una zona differente dell’abitazione. I corpi presentavano molte ferite da arma da taglio. Tante che non si poté stabilire il numero preciso. Si parla, almeno di quarantacinque. L’arma del delitto sarebbe stata identificata in un trincetto trovato tra i resti bruciati dell’incendio. A parte la punta rotta però, questo non sembra essere particolarmente danneggiato. Secondo la polizia sarebbero stati rubati dalla casa 80.000 yen. Altri soldi ed oggetti di valore sono però stranamente rimasti nel luogo. Altre “stranezze” sarebbero seguite. L’alibi Iwao Hakamada all’epoca aveva trent’anni ed era uno degli impiegati della Compagnia del signor Hashimoto. Quel giorno, dopo il lavoro, finita la cena, ritornò nella sua camera del dormitorio al secondo piano della fabbrica a fianco la casa del direttore. Dopo aver giocato a Shogi (sorta di scacchi giapponesi) con un suo collega, guardò un telefilm. Alle 23 passate indossò il pigiama, spense la luce e andò a letto. Il fischio della sirena della fabbrica lo svegliò, mentre stava dormendo profondamente. Ancora non era completamente conscio di quello che accadeva quando sentì un collega gridare: “Al fuoco! La fabbrica va a fuoco!”. A quel punto saltò fuori dal letto e scese di corsa per i gradini col pigiama. Nonostante preso dal panico, pensò che doveva cercare un secchio per portare dell’acqua nel luogo dell’incendio. Si avvicinò un collega urlando: “l’estintore! L’estintore!” . Lo cercarono insieme, ma non lo trovarono. Pensarono di avviarsi verso l’idrante davanti la fabbrica. Quando Hakamada salì per le scale dello stenditorio per andare sul tetto, scivolò e cadde ferendosi il dito medio della mano sinistra con qualcosa, forse un pezzo di latta. Si bagno tutto il corpo durante l’opera di spegnimento. L’incendio fu spento dopo circa venti minuti. Hakamada tornò nella sua camera, si fasciò la ferita con una striscia strappata da un asciugamano per fermare il sangua. Il giorno dopo la ferita era suppurata perché non l’aveva disinfettata. Doveva andare da un medico. Questo è tutto quello che Hakamada fece quella notte. Ha un alibi di ferro che prova la completa estraneità con il delitto. Forzata confessione Hakamada fu arrestato il 18 agosto del 1966. Per diciannove giorni ha sostenuto di essere innocente, ma i crudeli metodi adottati durante gl’interrogatori lo hanno evidentemente reso incapace di ragionare normalmente. Alla fine di questa “agonia” fu costretto, forse per non perire, a firmare una confessione preparata dalla polizia secondo un aloro “sceneggiatura”. Il riassunto della confessione è il seguente. Dopo l’una di mattina, quel 30 giugno, Hakamada sarebbe uscito dalla sua stanza del dormitorio armato di un trincetto, che portava nella cordicella che chiudeva alla vita il suo pigiama. Si sarebbe arrampicato sul tetto del magazzino del direttore Hashimoto dall’acero della casa accanto alla fabbrica. Sarebbe sceso nel cortile della casa con l’aiuto del pluviale per entrare nella casa. Scoperto dalla famiglia, avrebbe atterrato Hashimoto con un pugno, ucciso quattro persone con il trincetto per rubare i loro soldi. Quindi sarebbe fuggito dopo aver sparso del combustibile sui cadaveri e acceso il fuoco con un fiammifero. I suoi capi d’imputazione sono: l’intrusione nella proprietà privata, il furto, l’incendio e gli omicidi. Non esisteva nessuna prova che confermasse la sua “confessione”. La polizia non aveva potuto trovare nessun indizio significativo. E’ facile credere che gl’investigatori fossero guidati da idee preconcette secondo cui il crimine sarebbe stato eseguito da un uomo forte e che sapesse usare i pugni. In un documento dell’interrogatorio si legge :” senza la sua confessione sarebbe stato difficile trovare la verità su questo caso”. Sembra evidente che si tratti di una confessione falsa ed estorta con la forza dalla polizia. La media delle ore d’interrogatorio fu di dodici ore al giorno. L’interrogatorio più lungo è stato di diciassette ore. La teoria della colpevolezza di Hakamada è stata prodotta dalla tortura. Sentenza ambigua Il 10 dicembre 1966 cominciò il processo a Hakamada nel Tribunale Distrettuale di Shizuoka. Si dichiarò sempre innocente. La Sentenza definitiva arrivò l’11 settembre 1968: Morte per impiccagione. Tutti i seguenti Appelli sono stati rifiutati dalla Corte Suprema di Giustizia. Il 19 Novembre 1980, la conferma in via definitiva della Pena di Morte. La Sentenza in Prima Istanza è priva di riferimenti a prove concrete della colpevolezza di Hakamada; lo stile del testo è vago e incoerente secondo lo standard della lingua giapponese. Tre i quarantacinque documenti degli interrogatori di Hakamada Sottomessi al Tribunale, uno solo ne è stato accettato per la testimonianza. Tuttavia, anche questo, non aveva un contenuto particolarmente rilevante rispetto agli altri quarantaquattro documenti scartati. Insomma, non c’è stato alcun motivo particolare per cui è stato scelto proprio quel documento. Nella Sentenza non è stata descritta l’aggressione al direttore Hashimoto. Non è stato chiarito il modo in cui sarebbe stata uccisa la moglie e i figli. Inoltre, all’inizio i procuratori insistevano sul fatto che l’assassino avrebbe indossato il pigiama durante il delitto, sull’indumento però non c’era quasi nessuna macchia di sangue. Quando il Processo si avviava in una punto di stallo, improvvisamente, quasi per incanto, il 31 agosto del 1968 (circa due anni dopo il massacro) cinque indumenti con tante belle macchie di sangue sono state sottoposte al Tribunale. I procuratori hanno affermato che quegl’indumenti erano statoi trovati all’interno di un serbatorio di miso nella fabbrica. Secondo Nella Sentenza di colpevolezza di Hakamada però non è stato chiarito quando e come sarebbero stati messi in quel posto. Per quanto riguarda questo punto, le spiegazioni sono sempre vaghe ed imprecise. Sarebbe fin troppo facile criticare questa Sentenza assurda di basso livello che sembra scritta da un bambino delle scuole elementari. Tuttavia, vorremmo riferire soltanto sui cinque indumenti che i giudici non hanno menzionato nelle frasi conclusive con cui hanno rigettato il ricorso di Appello, perché questi indumenti sono le uniche prove materiali della colpevolezza. I cinque indumenti sono una camicia sportiva, un paio di pantaloni, una maglietta con le maniche corte, delle mutande normali ed un paio a “gamba lunga”. Osserviamo la situazione di ogni capo. Sulla camicia sportiva è presente sangue di gruppo AB e A; sui pantaloni, di gruppo A; sulla maglietta, di gruppo A e B; sulle mutande a gamba lunga, di gruppo A e sulle altre mutande , di gruppo A e B. Il gruppo sanguigno del direttore Hashimoto era A. Di questo gruppo sono presenti macchie su ogni capo. Quello di sua moglie era B, presente sulla maglietta e sulle mutande. Quello del loro primo figlio era AB, presente solo sulla camicia. Quello della loro seconda figlia era O, ma, nonostante fosse stata ferita in dieci punti, non è presente in nessun indumento. Solo il gruppo sanguigno del direttore era presente fra le macchie sui vestiti. Oltre al gruppo sanguigno del direttore, le altre macchie sono presenti in modo inspiegabile. Il sangue di sua moglie non è stato trovato sulla camicia sportiva né sui pantaloni né sulle mutande a gamba lunga, ma solo sulla maglietta e le mutande. E’ innaturale che il sangue del loro primo figlio,sia presente solo sulla camicia sportiva. La posizione delle macchie del sangue delle vittime è evidentemente inconprensibile. Dettagli sul trincetto indicato come l’arma del delitto Prima di discutere questa questione, vorremmo ripensare ad un’altro omicidio successo la notte tra il 30 e il 31 dicembre del 2000, nell’area residenziale di Kami-Soshigaya in Setagaya-ku,Tokyo. In quel caso, una famiglia di quattro persone è stata massacrata. Ogni vittima è stata pugnalata in più di 10 posti dall’omicidia. Più di 30 posti in totale. Le armi del delitto erano un coltello da cucina e un lungo coltello da sashimi (pesce crudo a fette). Il coltello da cucina si è piegato alla punta ; la lama del lungo coltello si è rotta in tre parti. Secondo la confessione redatta dagli investigatori, il signor Hakamada avrebbe pugnalato le vittime 44 volte con un trincetto nella mano destra. Ma non c’era nessuna parte lesa nel palmo della sua mano destra. Secondo la sentenza, Hakamada aveva solo una ferita leggera al dorso della mano destra e al braccio destro. Se questo delitto fosse stato commesso da Hakamada, il suo palmo e il dorso della mano destra sarebbero dovute essere sporche abbondantemente di sangue per aver pugnalato 44 volte, perché quel trincetto non aveva protezioni per la mano. Ma non c’è nessuna ferita nella sua mano. Secondo punto: il trincetto si è rotto solo quasi dieci millimetri alla punta,e la lama non è stata intaccata. Terzo punto: esiste un dubbio sulla storia di una porta posteriore della casa di Hashimoto, da cui i procuratori dicono che il signor Hakamada sarebbe uscito. Secondo il signor Nobuo Kinosita, un membro dell’Associazione per la Salvezza dei Prigionieri Innocenti: fa obiezione alla loro ipotesi dettagliatamente e con prove sicure nel suo libro ”La colpevolezza dei Giudici( casi di condannati “dubbi”)”. Secondo quel’interrogatorio,il signor Hakamada avrebbe mosso una sbarra della porta posteriore verso destra, avrebbe spostato una pietra Che ostacolava l’apertura e sollevato il saliscendi nella parte più bassa della porta. Non avrebbe sollevato il salicescendi posto nella parte superiore della porta, e avrebbe aperto la parte bassa della porta sollevandola sufficentemente per far passare il suo corpo e uscire. Tuttavia, uno degli abitanti che arrivò di corsa per spegnere il fuoco, testimonia su questa porta posteriore. Secondo la sua deposizione quella porta era stata strettamente chiusa e non si sarebbe potuta aprire né a spingerla né a tirarla. Infatti dei vigili del fuoco avevano dovuto sfondarla a colpi di spalla. Proprio in quel momento la sbarra della porta si ruppe. Cioé quella sbarra bloccava la porta. In questo caso, come si sarebbe potuto riposizionare la sbarra dopo essere usciti da quella porta? Dall’esterno è ovviamente impossibile. Questi esempi, dimostrano che gl’indizi presentati al Tribunale sarebbero innaturali e intenzionali. Perché sono accadute queste cose? Possiamo pensare che la Polizia avesse avuto difficoltà a continuare le indagini, mancando indizi e prove sicuri. Ma quando anche i Giudici hanno deciso di rigettare il ricorso in Appello, non hanno considerato quelle contraddizioni, sebbene queste fossero i punti essenziali che provavano l’innocenza di Hakamada. Con questo disonesto metodo che “crea” gli omicidi in modo autoritario e arbitrario, ognuno, in qualsiasi momento, può “diventare” un colpevole, e quindi un condannato. Anche tu che stai leggendo questo foglio. Se i poliziotti o i procuratori ti indicassero come colpevole, sarebbe la fine della tua vita. I punti cruciali per la revisione del processo di Hakamada Otto esempi importanti tra 21 documenti che sono stati presentati al Tribunale dall’avvocato Haruo Abe. 1.Il carattere non violento: Il signor Hakamada ha un dolce e gentile carattere, come dimostrano le sue lettere dal carcere. Non aveva nessun motivo di commettere questo orrendo crimine. Probabilmente il fatto che sia un ex pugile ha influenzato il giudizio negativo nei suoi confronti. Notoriamente esistono pregiudizi nei confronti di questa categoria. Si pensa che i pugili siano naturalmente portati alla violenza. E’ una chiara discriminazione guardare un “ ex pugile” dall’alto in basso, inoltre è una mancanza di rispetto per chi si impegna nella Boxe. 2. L’ipotesi di omicidio per vendetta: E’ supponibile che il massacro sia sta commesso da più persone (almeno quattro), considerando gli insoliti oggetti ritrovati sul luogo e le numerosissime pugnalate inflitte. 3.Il trincetto non è l’arma mortale: Lo schema della larghezza e della profondità delle ferite sui quattro cadaveri, attestano che l’arma mortale non è il trincetto. 4.Non ha comprato il trincetto: La deposizione secondo cui il signor Hakamada avrebbe comprato un trincetto in una coltelleria a Numazu, è stata completamente negata dalla nuova testimonianza del padrone di quel negozio. 5.La discrepanza delle macchie di sangue: Le macchie di sangue sui cinque indumenti trovati dentro il serbatoio del Miso, hanno posizioni innaturali e inspiegabili: sono evidentemente state prodotte intenzionalmente da qualcuno. 6.Assenza della macchia di sangue sugli Zori (sandali con cinturini) di gomma: Hakamada calzava gli Zori e dovrebbe aver camminato nel mare di sangue, ma su questi, mancano macchie di sangue, anche nei buchi dei cinturini . 7.Sequestro di un taglio di stoffa : un pezzo di stoffa macchiata di sangue, della parte più bassa dei pantaloni, è stata sequestrata all’improvviso dal cassettone di sua madre . Ci sono motivi oper ritenere che la polizia lo avrebbe messo di proposito in quel posto precedentemente, e dopo aveva finto di trovarlo. 8 Via di fuga innaturale: La porta posteriore è stata sbarrata dall’interno. Se Hakamada fosse uscito da quella porta, non avrebbe mai potuto sbarrarla dall’esterno. #
by libertus66
| 2014-03-28 21:03
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